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Alessandra Miorin

Poetessa

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Recensione di “Oltre lo specchio la vita”

3 agosto 2014

a cura del Dott. Antonio Bianchetti – Presidente Associazione Culturale Acarya

Oltre lo specchio la vita” (Aletti editore) di Alessandra Miorin è un’immersione lirica nel mare della sua esistenza per estendere a noi questa lezione straordinaria di vita, per farci partecipi delle sue esperienze come superamento del peccato originale, inteso come raffigurazione dei nostri limiti, o dei nostri dolori fino al loro superamento. Lo specchio rappresenta la “barriera” dove sostiamo davanti ai nostri pensieri oscuri e comportamentali: negazione di quell’energia che percepiamo in noi, per farci capire che esistono un altro universo e un’altra vita, evoluzione di quella che stiamo già vivendo. Infatti, Charles Baudlaire, diceva che l’arte è la creazione di una magia suggestiva che accoglie insieme l’oggetto e il soggetto, e proprio per questo, iniziare a leggere un libro di poesie con tutte le sue cariche emozionali e creative, rappresenta la consapevolezza di godere di questa che io chiamerei non tanto “magia”, ma estasi dei sensi, dove proprio la razionalità e l’immaginazione diventano un corpo unico per oltrepassare le nostre consuetudini quotidiane: un viaggio necessario nel nostro “io” per capire il mistero della conoscenza e della spiritualità dell’anima.

Tenete presente che l’immagine dello specchio rappresenta una straordinaria metafora legata apparentemente a un oggetto simbolico ma, estremamente funzionale per trasmettere un messaggio. Non è casuale che in letteratura si è utilizzata questa idea proprio per darci delle soluzioni e delle risposte ai nostri modi di vivere e di intendere la vita, in cui, il riflettersi o addirittura, il non riflettersi, ha creato tutta una mitologia di personaggi che durano tuttora.

Quanto citato è stato necessario per rilevare che invece Alessandra Miorin ci porta a un livello superiore, nel senso che lo specchio diventa una trasparenza appartenente al passato, e superandolo, si percepisce la purezza e la saggezza del vero incontro con se stessi. Fondamentalmente non è un confine e nemmeno una soglia, ma una forma di consapevolezza che ci conduce attraverso le esistenze, come focus decisivo decantato nella sua poesia. Ed è proprio la poesia a riflettere questo inizio dove non esistono abissi bui in cui perdersi, ma semplici panorami da ammirare, perché se la poesia è emozione, è anche ragione; se è intimità, è anche vitalità; se a volte è tristezza, spesso è anche bellezza; e le caratteristiche di quella Alessandra sono proprio riconducibili alle seconde valenze descritte. Le sue capacità sono quelle con cui si possono superare tutte le forme di dolore per tramutarle in gioia, ovvero, trasformare il veleno in medicina “Ed ora… / ringrazio di gioia / l’aver saggiato / lo sprezzante amaro Calice / … / ed illuminata a giorno / posso sussurrare… /…quanto so Amare”.

Tutta la raccolta si trasforma in un canzoniere che via via assimila passato, presente e futuro, intesi come attimi che si devono vivere nella memoria, e proprio per questo da contemplare non solamente per la loro estensione lirica ma, tutti i quadri che compongono le esistenze, saranno sempre visti come oggetti da ammirare, e nello stesso tempo, come insegnamenti da considerare. Chi guarda, avrà sempre la consapevolezza di essere condotto oltre ogni parola sussurrata, perché è proprio la melodia insieme al pensiero che ci consente l’attimo dell’illuminazione: un universo dove la positività di ogni esperienza, percepisce l’apoteosi di quanto possiamo vivere felici, semplicemente amandoci.

Queste poesie partono delicatamente con un ritmo soffuso fatto di silenzi fra una parola e l’altra, come se ogni pausa inframezzata dai puntini di sospensione, ponesse il lettore di fronte ad una riflessione importante: “…nella voce candida / di un tramonto soffocato / alla sua prima alba di rugiada /… / pazienti al divenire / …pazienti al mio custodire”. Infatti, ogni riflessione è meditata, decantata dentro tutte le profondità dell’anima, ma contrariamente a quello che diceva Ungaretti in cui ogni parola era scavata nella sua vita come un abisso, Alessandra Miorin non cerca le sue parole in profondità, le cerca in una progressione di colori, di luci e di suoni, e ce le pone sul palmo delle mani congiunte offrendole come un dono di conoscenza. Poi come una sinfonia, le poesie si ampliano per un divenire continuo, dove le note si susseguono con un ritmo più fluido: “…ancor qualche traccia di profumo / per chi se n’è accorto”; fino ai movimenti finali in cui, tutti gli strumenti possibili, a volte aulici, a volte ridondanti, a volte necessari, partecipano all’esecuzione di una redenzione dell’autrice sempre vicino all’illuminazione già citata: “ho acceso / il mio ultimo fiammifero / per dar luce / alla tua candela /… / non più tenebre avrà la notte…”.

Se consideriamo anche il fatto che l’autrice è la presidente di un associazione culturale denominata “Fusione nell’arte”; che ha studiato pianoforte, e che in questa raccolta sono presenti i disegni del maestro Carlo Brenna, inseriti in un contesto metafisico-surrealista che completano la struttura dell’opera, si evince ancor di più il pensiero poetico che vuole abbracciare la totalità, per non dire l’eternità, che coinvolge ogni tipo di espressività umana, perché alla fine il “verbo” oltre che musica, è anche immagine, suono, profondità, canto, polifonia da ascoltare oltre lo specchio, oltre noi stessi , oltre i nostri sensi.

Il gusto di vivere, il gusto di scrivere oltre le giornate che ci scorrono intorno, oltre la vita, perché sempre vita troveremo, quella che abbiamo incontrato ogni giorno vicino a ogni rinascita, dentro ad ogni parola “innamorata”, insieme alla verità, insieme a un sorriso sincero che il poeta sa cogliere, e ce lo dona. Un’estasi dei sensi, semplicissima a volte, ma necessaria per tutta l’umanità: “…ora trascendi come poesia / note di delicata armonia / per qualcuno che della tua musica… / …ne ha fatto magia!”

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